“Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamentefaccio mi appare l’essenza della mia vita…”.
Queste le parole di Andre Agassi che si racconta in “Open – La mia storia (2009 Giulio Einaudi editore S.p.a.)”.
Un campione, un numero 1, che odiava profondamente ciò che faceva e che lo ha reso così famoso e ricco agli occhi del mondo.
Ma la fama, la ricchezza, i trofei, a lui non importavano.
Erano per lui una condanna.
Un baratro nel quale era stato messo dal padre, lui si appassionato di tennis, fin dai primi anni di vita.
Programmato per arrivare in cima alle classifiche; condannato a vivere nel profondo di un baratro.
Solo dopo un proprio percorso di crescita interiore e personale, Agassi è riuscito a dare un vero significato a quello che faceva.
Come ci è riuscito?
Spostando la propria attenzione su quello che di buono il tennis gli aveva dato:
l’opportunità di conoscere e sposare l’amore della sua vita (la tennista Steffi Graf);
la possibilità di essere costantemente presente nella crescita dei suoi figli perché non “costretto a lavorare” grazie agli enormi guadagni ottenuti;
la decisione di fondare la “Andre Agassi Foundation for Education”, che ha come obiettivo portare l’istruzione pubblica d’eccellenza nelle comunità statunitensi particolarmente disagiate.
Come puoi notare, già solo cambiando il punto di vista da cui vedi il problema puoi iniziare a vedere la possibile soluzione.
Questo, ovviamente, non ti permetterà ancora di uscire totalmente dal baratro.
Ti permetterà, però, di iniziare a volgere il tuo sguardo verso l’alto.
Vuoi davvero tirartene fuori oppure vuoi continuare a vivere lì sottoterra?